LeBaFa… Chi siamo?

“Cosa vuol dire LeBaFa?” È un acronimo delle nostre iniziali!
“Sì ok, ma chi siete?”. Facile! Siamo L, B e F, tre amiche che si sono conosciute sui banchi dell’Università e che sono arrivate a quello stadio della vita in cui tutto sta per cominciare, tutto ti entusiasma e tutto è possibile.
“E perché dovremmo leggervi?”. In realtà non siete voi che dovete leggerci, ma siamo noi che vogliamo leggervi! Vogliamo sapere cosa pensate, vogliamo leggere i vostri commenti, vogliamo seguire i vostri consigli!
“Quindi facciamo tutto noi?”. Ma no, non preoccupatevi! Prima di tutto ci mettiamo in gioco noi e vi raccontiamo qualcosa delle nostre vite e di quello che ci succede…e poi saremo ben contente di leggere cosa ne pensate!
“Ok, ci avete convinti! Iniziamo?”…INIZIAMO!

Reinventarsi per migliorare

Carrello della Spesa

39 anni, una figlia e una compagna. Un lavoro a tempo indeterminato, ma ancora più precario di uno stage.. stipendi in arretrato e clima aziendale non proprio dei migliori, sempre sull’orlo del fallimento.

20 anni di carriera in un unico settore, l’elettronica. Metà di una vita lavorativa passata tra circuiti, pannelli e riparazioni. E poi? Arriva il momento di cambiare lavoro, perché chi si fida più della solidità dell’azienda?

Ed ecco che parte la ricerca… Inizialmente neanche mezza chiamata per mezzo colloquio, ma dopo 6 mesi qualcosa si muove. Qualche chiamata, qualche colloquio, ma alla fine nessuno richiama mai. Il motivo? Il tempo indeterminato, che le altre aziende non possono offrire.. hanno bisogno di profili più junior e con meno pretese contrattuali.

Va bene, non perdiamo la calma.. intanto la tua società regge e lo stipendio più o meno lo paga; quindi datti tempo e continua la ricerca. E quindi via, a cercare in internet quali sono le aziende più o meno nella zona, per inviare le famose candidature spontanee. Chissà che fine fanno queste candidature, lui di certo non ha ricevuto nessuna risposta. E poi vogliamo parlare delle scoraggianti offerte di lavoro sul famoso sito che indica anche quante altre persone hanno presentato domanda? “Una posizione aperta, 650 candidature ricevute”; alla sua età, difficile sperare di spiccare tra tutti quei concorrenti, sicuramente più giovani.

E dopo due anni, quando ormai si erano quasi abbandonate le speranze di cambiare lavoro, ecco che arriva la chiamata inaspettata! E proprio da un curriculum inviato spontaneamente quasi un anno prima!

“Certo, accetto di fare il colloquio; mi dica dove e quando”.

Ed ecco che inizia la trafila: colloquio di gruppo (“eravamo 10 persone, 7 neolaureati, 2 direttori e io.. sicuramente non mi prenderanno mai”), colloquio individuale, altro colloquio individuale, ….

E poi il tanto atteso “lei ha passato la selezione”! Woow! Dopo tutto questo tempo, era ora!

“Però per noi l’inserimento prevede un anno di contratto a tempo determinato, poi se passa ottiene l’indeterminato; capisco che lei ha già un indeterminato, quindi la scelta non è facile. Valuti e ci faccia sapere”.

Pro: l’azienda è un colosso della grande distribuzione, verrò inserito in un percorso di carriera e finalmente il mio lavoro verrà ripagato.

Contro: io arrivo dall’elettronica, come posso passare alla grande distribuzione? E poi chi mi assicura che dopo un anno mi riconfermeranno?

Da una situazione di incertezza a un’altra situazione di incertezza. Però in certi casi c’è una sola cosa da fare: reinventarsi per migliorare, cambiare completamente stile di vita e lavoro per sperare di ottenere qualcosa di più e di meglio dalla vita.

Questa persona si è reinventata, e anche se non sappiamo ancora come andrà a finire, la cosa importante è che ci ha provato e non è rimasto con le mani in mano a compiangersi.

Questo post è dedicato a tutti coloro che hanno scelto o devono scegliere di cambiare il loro percorso, di lavoro o di vita.

 lebaFa

Dipendenza da Social Network

Ciao sono B!
Allora oggi vorrei parlare di un argomento che negli ultimi tempi è sempre più nella mia mente, un fenomeno che in realtà non capisco a pieno e che vorrei capire di più: parlo dei Social Network. Si avete capito bene, io è da un po’ di tempo che ragiono su come la nostra società sia cambiata così radicalmente, tanto che ormai il nostro modo di fare, pensare e agire è a volte strettamente legato a questi piccoli aggeggi chiamati “smartphone” e le loro applicazioni. Capitemi, non mi sto mettendo in quella categoria di persone che critica i social e l’uso che se ne fa, ma più che altro in quella categoria di persone che li usa, in maniera smisurata, ma non sa perché. Io mi ritengo una persona a cui piace andare in giro, visitare nuovi posti e conoscere nuova gente, ma non so perché a tutte queste cose è sempre legato il fatto di doverle mostrare e renderne partecipi gli altri. Si perché ormai i social sono quello, diciamocelo, un modo per far vedere agli altri quanto la nostra vita sia piena e felice, oppure di quanto veniamo bene in un selfie, oppure ancora un modo per spiare le vite degli altri, e questo a volte non è proprio il massimo. Sprechiamo così tanto tempo su questi social, da perdere a volte un po’ la cognizione del tempo e dello spazio. Quale sarà lo strano motivo di tutto questo? Ormai sappiamo tutto di tutti, ma la cosa più sconvolgente è che leghiamo a quello che succede su questi social la maggior parte delle nostre vite quotidiane e dei nostri stati d’animo (Oh my God perché non mi hanno messo mi piace al mio selfie? Magari non sono venuta così bene come penso?), ci creiamo mille complessi mentali che non hanno motivo di esistere, perché le cose sono sempre più semplici di come appaiono. Detto ciò io mi ci metto in questa categoria di giovani legati così tanto ai Social; in realtà mi fa piacere far sapere gli avvenimenti della mia vita a persone che magari sono lontane da me o che non posso vedere spesso perché vivono lontane, però anch’io a volte mi rendo conto di essere troppo legata a queste sciocchezze 🙂 . Quindi, mentre cerco di capire il vero significato celato dietro al nostro fanatico uso di tali applicazioni, faccio un buono auspicio per il prossimo anno, di essere un po’ meno social e magari un po’ più attiva e viva nel mondo reale. A tutti auguri di buone feste da Lebafa

Imparare a cucinare

Come imparare a cucinare?

A mio modesto parere, la chimica, tra tutte le materie a scuola, è sicuramente stata quella più difficile. Eh si sa che la cucina in fondo è un insieme di regole scientifiche, ma ogni mio “esperimento” (malgrado l’elevatissimo impegno) sembra fallire sempre alla grande.

Quindi, obbligata da esigenze di sopravvivenza di tanto in tanto mi trovo a dover spadellare qualcosa, e dopo essere riuscita a bruciare un toast per ben due volte di fila, ho capito che forse tra me e la cucina c’è un problema di fondo.

Nel frattempo anche le persone accanto a me sembrano aver notato questa piccola sottigliezza, tanto che al mio compleanno mi è arrivato un libro meraviglioso:

“Manuale di sopravvivenza in cucina: Ricette per single trentaquarantenni metropolitani sessualmente attivi”

E devo ammettere che nonostante ai quaranta manco mi avvicino il metropolitano sessualmente attivo un po’ mi lusinga.

Tuttavia…in un paese dove il trend del momento sembra cucinare due piatti con una spruzzatina qua e là di aceto balsamico, sono orgogliosa di dire che io sono assolutamente abilissima NELL’ORDINARE CIBO D’ASPORTO!

La soluzione appare semplice e chiara ai miei occhi, segue il mio bell’annuncio:

AAA Affamata morettona cerca uomo di bell’aspetto per lunghe cenette romantiche, a una sola condizione…CHE CUCINI LUI!!!

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Ciao

Lebafa

La luce in fondo al tunnel

Luce in fondo al tunnelRegali di Natale…

Sogno: la gioia del donare e di fare un regalo gradito alle persone che ti stanno a cuore. Realtà: corsa folle tra milioni di persone nei vari negozi e centri commerciali.

Ecco, questo weekend l’ho passato a fare questa corsa folle. Alzati alle 8 del mattino, preparati e via…inizia la tua maratona! Primo negozio, secondo negozio, colazione, terzo negozio……e ancora nessun regalo comprato! Disastro, dobbiamo impegnarci di più! Ok, facciamo il punto della situazione.. cosa dobbiamo comprare? Un orologio! No, forse è meglio un paio di guanti, o una maglietta, o una sciarpa…… Ed eccoci al punto di partenza, ancora confuse sugli acquisti da fare!

Insomma, dopo varie peripezie finalmente i regali possono dirsi finiti.

Ma come abbiamo fatto ad entrare in questo circolo vizioso dei regali di Natale? La storia di Babbo Natale che arriva e porta i regali ai bambini che sono stati buoni durante l’anno va bene, è molto bella. I bambini sognano e hanno qualcosa in cui credere. E poi vederli scartare i regali portati per loro da questo super nonno con il pancione, il vestito rosso e la barba bianca è proprio magico!

Ma per quanto riguarda noi adulti? Siamo proprio sicuri che ci servano questi regali? Pensiamoci e magari l’anno prossimo decidiamo con i nostri amici di fare un’offerta a qualche associazione locale al posto di prendere l’ennesimo paio di orecchini alla nostra amica!

lebaFa

 

 

Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni (E. Roosevelt)

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FUTURO

A cosa pensiamo quando diciamo questa parola? Molti di voi diranno “pessimo”, “buio” o magari qualche espressione più colorita.

Certo, io vi capisco.. C’è stata la crisi economica (che ancora oggi si fa sentire), ci sono le guerre, c’è il terrorismo, c’è la disoccupazione … E per i più giovani che devono affacciarsi al mondo del lavoro? Una situazione di estrema incertezza sul domani (troverò un lavoro? O mi proporranno solo uno stage?).

Ma come si fa a vivere pensando che ciò che accadrà sarà sicuramente negativo? Che fine hanno fatto i nostri sogni? Come abbiamo fatto a perderli?

Io non sono una persona ottimista, ma neanche pessimista: sono pragmatica e determinata, ma soprattutto non mi faccio prendere dal panico. Per i nostri genitori tutto era più semplice? Ok, per noi non sarà così, ma in qualche modo dovremo pur reagire. Oggi per ottenere un buon lavoro (o meglio, per ottenere la possibilità di accedere alla selezione per qualche posizione) è necessario avere la laurea? Bene, allora rimbocchiamoci le maniche e studiamo. Oggi per avere una casa bisogna aspettare di avere un contratto a tempo indeterminato e una certa somma per l’anticipo? Perfetto, allora impegniamoci per fare carriera più in fretta, cerchiamo di stringere la cinghia il più possibile e teniamo duro.

Teniamo duro perché un futuro migliore è possibile; teniamo duro perché non bisogna mai perdere la determinazione; teniamo duro perché ne vale la pena, perché stiamo parlando della nostra vita.

Oggi è il nostro presente, ed è oggi che costruiamo il nostro futuro. E se il domani non ci piacerà, prima di tutto sarà colpa delle scelte che facciamo adesso.

Solo credendo nei nostri sogni OGGI riusciremo ad avere il nostro futuro DOMANI.

lebaFa

 

 

“Il viaggio comincia laddove il ritmo del cuore s’espone al vento della paura”

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Hey guys, eccomi di nuovo qui, sono B!

Oggi sono qui per raccontarvi di un’esperienza fantastica che mi ha segnato molto nella mia vita. Io fino all’età di 18 anni non ho mai viaggiato da sola, tranne i soliti campi parrocchiali in qualche località di montagna durante l’estate. I miei non sono mai stati d’accordo nel mandarmi all’estero da sola, così compiuti 18 anni mi sono imposta che a tutti i costi volevo andare in Australia (si avete capito bene Australia). Ma perché proprio l’Australia vi starete chiedendo, un posto più vicino per cominciare a viaggiare non potevo sceglierlo? Il motivo è semplice, quello stesso anno ricorreva la Giornata Mondiale della Gioventù, un’occasione che ricorre ogni 4 anni dove i giovani cattolici si ritrovano per incontrare il Papa, e il paese scelto fu proprio l’Australia, Sidney. Tutti i miei amici ci andavano, e io non volevo essere da meno visto che ormai avevo gli anni per andarci. I miei in quel caso non poterono obbiettare, così finalmente era deciso, andavo in Australia =) e nell’arco di un anno riuscii a raccogliere i soldi necessari e fare tutti i preparativi del caso per affrontare un così lungo viaggio. Si perché un viaggio del genere richiedeva il prendere ben 8 aerei (e sottolineo che prima di allora non ne avevo mai preso uno, e comincio bene con prenderne 8 tutti insieme ahahah), 6 scali e ben 4 giorni di viaggio. Il timore devo dire fu molto, ma fu mescolato ad una grande emozione di eccitazione e entusiasmo incredibile. Così arriva il fatidico giorno, e si parteeee. Io ero molto agitata, ma grazie ai miei amici e la spensieratezza di quell’età, incomincio questo viaggio. Il primo scalo è quello di Fiumicino, per poi dirigerci al nostro prossimo scalo Hong Kong, dove fu prevista una visita della città, visto che lo scalo era di 9 ore. Di quel giorno in realtà non ricordo bene tutto perché il jetlag mi aveva uccisa, infatti quando arrivammo lì doveva essere notte, ma in realtà era pieno giorno. Non vi dico gli sforzi per riuscire a rimanere svegli!. La cosa che ricordo di più era il tasso di umidità incredibile, non riuscivi neanche a respirare tanto l’aria era pesante e afosa =). Dopo un intero giorno passato tra città e l’aeroporto, finalmente nella notte si parte alla volta di Sidney. Arrivati in Australia, la nostra permanenza lì prevedeva di passare una settimana a Melbourne, dove avremmo fatto un gemellaggio in famiglie australiane, e una settimana a Sidney. Da subito il popolo australiano mi è sembrato molto accogliente e caloroso, non possono neanche trovare le parole per esprimere il mio grande sentimento che mi lega tutt’ora alla famiglia che mi ha ospitato a Melbourne. Al tempo non parlavo quasi nulla di inglese, ma loro sono stati così gentili e affettuosi con me che il ricordo lo porto ancora con affetto nel cuore. La nostra permanenza a Melbourne è stata fantastica, ho visto un sacco di luoghi e incontrato molti giovani da tutte le parte del mondo, europei, asiatici, americani e africani. Non dimenticherò mai la nostra visita all’Eureka Tower, un grattacielo di 91 piani situato a Melbourne, dove al all’88° piano dimora una specie di piccolo cubo fatto da pareti di vetro trasparenti che esce dall’edificio e permette alle persone che stanno al suo interno di poter stare per qualche minuto sospesi nel vuoto a 300 metri di altezza da terra. Che emozione ragazzi, indescrivibile. La nostra settimana a Melbourne si conclude con una grande festa tutti insieme noi viaggiatori e famiglie ospitanti, semplicemente bellissima, l’atmosfera che si respirava era quella di grande festa, unione e allegria, abbiamo mangiato i piatti tipici australiani e anche noi abbiamo preparato qualche piatto tipico italiano (il mio piatto forte fu la carbonara). Il giorno della nostra partenza da Melbourne, per raggiungere poi Sidney, lo ricordo invece molto triste e sofferto, anche se con la mia famiglia australiana avevo passato all’incirca non più di una settimana, avevo instaurato un forte legame con loro, le lacrime che abbiamo versato, gli abbracci che ci siamo scambiati, le parole di grande e sincero affetto l’uno per gli altri, rimarranno sempre ricordi indelebili nella mia mente. Ma ecco che finalmente ci trasferiamo a Sidney =), una città fantastica come lo sono le grandi città del mondo che si affacciano sul mare, piena di grattacieli altissimi e luoghi maestosi (Opera House è una cosa incredibile), ma anche ricca di tanto verde e spiagge mozzafiato. Anche a Sidney siamo stati ospitati da famiglie, io sono andata a stare con una famiglia vietnamita composta da marito e moglie, diversi dalla prima famiglia a Melbourne, ma allo stesso modo molto gentili e affabili. Abbiamo passato molto meno tempo con loro purtroppo perché molto più impegnati con le varie attività della GMG a Sidney, ma mi rimane anche di loro assolutamente un bel ricordo. La settimana a Sidney è stata ricca di mille attività: il primo grande incontro al molo di Barangaroo, situato nella parte occidentale di Sidney, dove abbiamo assistito ad uno spettacolo con gli aborigeni australiani magnifico; la serata organizzata in uno stadio dedicata a tutti i giovani italiani a Sidney, emozionante veramente; oppure le serate notturne passate a girovagare fra bar e pub con i  miei compagni di viaggio, ma allo stesso tempo con tutti i giovani che erano a Sidney per la GMG venuti da ogni parte del mondo, (sì perché la cosa bella era che tu ovunque andassi, incontravi sempre qualcuno pronto ad abbracciarti, chiacchierare e raccontarti la sua storia). Insomma un sacco di momenti indimenticabili, ma sicuramente il momento che più è rimasto nella mia memoria, è stata la camminata di 20 km dal centro di Sidney fino all’ippodromo di Randwick dove infine si sarebbe vissuto l’ultimo grande avvenimento della GMG, la grande veglia. Armati di tanto spirito di adattamento, partiamo con il nostro zaino enorme ricco delle cose necessarie per sopravvivere a una notte che prevedeva dormire all’aperto in un ippodromo enorme con altri milioni di giovani (vi assicuro nulla di facile, abituati ai nostri lussi è qualcosa che non tutti sono in grado di fare, ma io ci sono riuscita). Arriviamo stremati all’ippodromo, dopo aver trovato il nostro spazio e sistemato le nostre cose, partiamo all’avanscoperta del posto. La festa era già cominciata e prima che me ne accorgessi, ci trovammo a ballare un ballo gitano bellissimo con un gruppo di ragazzi dalla polonia, veramente divertente; per non parlare dei pazzi ragazzi arrivati dalla Nuova Zelanda che a tutti i costi volevano scambiare le nostre felpe con le loro (è alla fine ci sono anche riusciti!). Sembrerà strano ma alla fine ricordo che non ho dormito neanche così male, mi ero addormentata guardando il cielo, parlando con i miei amici e sognando il mio futuro, un’ emozione che non dimenticherò mai e che sempre mi rimarrà nel cuore e nella mente. Purtroppo il mattino seguente era già ora di raccogliere tutto e rimettersi in viaggio per tornare a casa, ma carichi di un bagaglio di emozioni grandissime, di volti nuovi che avevi incontrato, momenti che avevi condiviso e che sempre faranno parte del mio essere. Sono passati alcuni anni da quella esperienza ma rimane ancora oggi vivida nella mia mente e nel mio cuore ed è per questo che ho voluto condividerla con voi.

Andata senza ritorno…Solo il testo di una canzone, per un pelo!

Si sa che la maggior parte di noi è amante dei viaggi, e anche io (budget permettendo) ne sono una fan sfegatata….

Eh sì che per fortuna ho un’amica che (forse) ama anche più di me queste gite da weekend, così quest’anno abbiamo quindi deciso di visitare la meravigliosa città di Praga…. Un weekend passato velocissimo, ma si sa che quando ci si diverte il tempo vola …(solo il tempo perché noi rimaniamo a terra)..

Comunque facciamo un passo indietro… volo di ritorno Praga-Milano nel tardo pomeriggio di domenica per essere comode nel trasporto da/verso aeroporto… noi, da brave viaggiatrici, arriviamo con mille ore di anticipo, ci fermiamo a pranzare e (entusiaste anche del pranzo in aeroporto) ci dirigiamo verso il Gate… Il volo segnava un ritardo di 20 minuti. Beh poca roba, davanti c’è una caffetteria, vada  per un caffè veloce…

Finché, finalmente, iniziano a imbarcare, e anche noi in coda finché non arriva il nostro turno….Appoggio lentamente il biglietto sul lettore, e in un secondo tutto diventa rosso compare una scritta a caratteri cubitali ci indica carinamente “WRONG FLIGHT” (volo errato per i paesani)…

Attimi di panico, shock, perdita dei sensi, finché lo steward più antipatico sul pianeta, mi guarda e mi fa “ma dove devi andare?!?!?!?!” e io: “ a…a…M..ilano…” e sempre più gentilmente: “PFFFFF…questo volo va a Parigi!!!”

Dopo questi secondi di smarrimento corriamo verso il nostro Gate, seguiti da una improbabile ragazza francese (con problemi di comprensione peggio dei nostri), Comunque arriviamo al Gate per Milano…

Deserto… nulla… volo partito…e noi?????????????????????????? Non ci chiamano? Non si preoccupano che non ci siamo? Non ci aspettano? … a quanto pare no!

Insomma ve la faccio breve, dopo aver subito un cambio di Gate e neanche essercene accorte, l’aereo che stavamo prendendo era della nostra stessa compagnia aerea e stesso orario di partenza, stessi dettagli!(se non fosse stato per i suoi venti minuti maledetti di ritardo…)

Quindi giustamente la compagnia ci “omaggia” altri due biglietti per l’Italia…con un solo problema… per la mattina seguente…
Va beh prendiamola con filosofia, siamo giovani, dormiamo in aeroporto (manco fosse la prima volta) e domani mattina a Milano per le nove, facciamo le splendide e andiamo pure a lavoro…
Un discorso che non fa’ una piega ma che non considera che a Praga l’aeroporto chiude…
La disperazione ha preso il sopravvento e ha comprato un volo di ritorno negli ultimi tre minuti disponibili per l’acquisto…
Vi lascio con una splendida immagine della città e vi informo che noi non demordiamo e i biglietti per Budapest sono già pronti nel cassetto!

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Il terribile senso di impotenza

Una cena tranquilla con la famiglia, una partita di calcio allo stadio, un concerto con gli amici. Serate normali di persone normali in un venerdì sera qualunque. Persone come me, come te.

Alcuni ieri sera sono usciti, ma non potranno più fare ritorno a casa. Altri riusciranno a fare ritorno, ma con un peso sul cuore che rimarrà per sempre. Posso solo immaginare il terrore che hanno provato le vittime in quei momenti, mentre è vivido in me il senso di impotenza provato ieri sera davanti alle notizie che si susseguivano.

Senso di impotenza che però i francesi sono riusciti prontamente a superare: non si sono lasciati andare alla disperazione, ma hanno fatto partire l’ashtag #PorteOuverte con il quale i cittadini hanno messo a disposizione le loro case per i sopravvissuti che in quei momenti non potevano tornare a casa.

Ma dov’è finito il nostro diritto di libertà? Il nostro diritto di uscire la sera, di passeggiare per le strade della città? Com’è possibile che pochi folli riescano a gettare nel panico nazioni intere?

Questo post è dedicato a tutti i sopravvissuti, ma soprattutto a tutte le vittime di questi atti terroristici. Perché ciò che è successo non è stato un attacco alla Francia, ma è stato un attacco a tutti noi! #NousSommesUnis #PrayForParis #Parigi

lebaFa

Lavorare e studiare insieme, possibile o no?

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Ehilà, sono di nuovo io, B! Allora ci eravamo lasciati chiedendoci come fosse studiare e lavorare insieme. Per quanto riguarda le mia esperienza, ho sempre maturato il fatto che lo studio non mi sarebbe mai stato sufficiente ad affrontare un possibile ambiente lavorativo futuro. Quindi fin da giovane ho cominciato a fare delle piccole esperienze lavorative che accompagnassero la mia carriera scolastica. La mia prima esperienza lavorativa è stata a 18 anni con uno stage in uno studio commercialistico. Poi ho fatto un altro stage in un agenzia assicurativa ( ed è li che ho realmente capito cosa vuol dire lavorare), e altri lavori che con i miei studi centrano poco, come “la postina” e “l’animatrice”. A differenza delle mie socie io non ho ancora completato la mia carriera universitaria, per questo motivo non mi sono mai messa realmente alla ricerca di un vero lavoro, ma si può anche dire che in questi anni non sono mai stata con le mani in mano. Lavorare o comunque stare a contatto con un ambiente lavorativo mi ha sempre fatto vedere le cose con un ampiezza diversa. Ho sempre visto lo studiare non solo una cosa fine a se stessa, ma come l’apprendimento di qualcosa che effettivamente si può mettere in atto e concretizzare. Oggi giorno le università, ma anche le scuole italiane, costruiscono l’apprendimento di uno studente solo sul mero studio mnemonico, senza a volte neanche capire la vera applicazione di quello che si sta studiando. Da ciò si capisce che non sono mai stata un amante di quelle materie che richiedessero uno studio solo mnemonico. Quindi, in virtù di questo, ho affiancato la mia carriera scolastica con lavoretti più o meno affini ai miei studi, per vedere e capire che al difuori della scuola e dell’università, il mondo del lavoro è tutta un altra cosa.

Voi invece cosa ne pensate? credete che sia sufficiente completare i propri studi o percorsi scolastici e poi solo dopo affacciarsi al mondo del lavoro, oppure già crearsi un bagaglio di esperienze, magari non sempre lineari e vicini ai vostri studi? L’esperienza lavorativa, rispetto ad un titolo di studi e basta, può in futuro andare a creare un vantaggio rispetto ad altri in un colloquio o domanda di lavoro? Diteci voi cosa ne pensate

Lavorare in un’Assistenza Clienti!

Lavorare in un'Assistenza Clienti!

Studentessa universitaria alle prese con gli ultimi esami della triennale…cosa fare? Finire con calma e scrivere la tesi, o fare qualche lavoretto? Nel mio caso, ovviamente la seconda! E così inizio a guardare quello che propone l’università e mando un po’ di cv! Parliamoci chiaro, quando leggi le inserzioni spesso non si capisce nemmeno per cosa ti stai candidando.

“Gestione clienti inbound/outbound”…mah, proviamo! In fondo dice anche “start-up” e chi non vuole andare a lavorare per una start up? Un po’ come quando dici “green”, noi donne non sappiamo resistere! E gestione clienti sia! Mi candido, mi chiamano e mi presento al colloquio.

Intanto nella mia mente risuona ancora la domanda “ma cosa vorrà dire gestione clienti inbound/outbound”? Ed ecco che lo scopro! Assistenza Clienti! E ditemelo prima no? L’ambiente mi piace e alla fine accetto!

I primi giorni? Un disastro! Io e la diplomazia siamo sempre stati agli antipodi e tutto d’un tratto non posso più dire esplicitamente alla mia cara cliente che il suo pacco è “distrutto, andato; insomma, si scordi il mobiletto che tanto le piaceva!”.

Ma ecco che arriva la parte divertente!

“Sì signora, quello che deve inserire per pagare è il numero della carta di credito; sì signora, è quel numerone lungo” (e mentre tutte le tue colleghe iniziano a ridere senza ritegno, tu devi rimanere seria e impassibile ad aiutare la povera signora in difficoltà).

“Buongiorno signora, sono F, del servizio clienti di XXX. La chiamo per dirle che il suo ordine subirà un lieve ritardo” “Io non ho fatto nessun ordine! L’ha fatto il mio ex e non ne voglio sapere niente! Che si arrangi!” (ok, speriamo almeno che l’ex abbia inserito l’indirizzo della mamma per la consegna, altrimenti addio poltrona!).

“Buonasera, chiamo perché ho ordinato un quadro e invece mi è arrivato un servomuto”, ed ecco che subito mi devo trattenere dal ridere a crepapelle: colpa mia che non avevo la minima idea di che cosa fosse un “servomuto”, ma mi sono immaginata il corriere che citofona alla signora con questa specie di maggiordomo muto con i guanti bianchi sotto il braccio! 🙂

Certo, ci sono anche quei clienti che proprio ti fanno perdere la calma…

“Senta, io voglio la lampada quella bella, tutta bianca! Ha capito no?” (No, ci sono almeno 20 lampade bianche e belle!!!!) “Ecco, non riesco a metterla nel mio carrello” “Signora, sul prodotto c’è scritto esaurito, non può più comprarlo” “Ma è impossibile, sono solo le 11” “Lo so signora, a quanto pare stamattina l’hanno comprata in molti” “Ma no, è impossibile! Lo fate apposta” “Ma non abbiamo nessun motivo per decidere di non vendere più un prodotto che va così bene!”…….eccetera eccetera per altri 5 minuti!

Insomma, tra molte risate, molti biscotti mangiati con le colleghe e qualche arrabbiatura (che sul lavoro non fa mai male) sono passati quasi 9 mesi. Dedico quindi questo post a tutti coloro che lavorano in un’Assistenza Clienti e che possono capire quello che ho passato!

lebaFa